Ce l’abbiamo tutti un’amica che ama il bricolage. In genere è bravissima a recuperare vecchi oggetti e a trasformarli in qualcosa di nuovo e bello. E provo per lei una genuina invidia. Quello che però non riesco a verbalizzare è che questa cosa del fai da te in genere mi angoscia. È un morbo insidioso, una patologia con poche speranze di essere affrontata, curata e, infine, guarita. Un fenomeno sociale di portata globale.
La chiamo Sindrome di Paint your life, dal nome dell’omonimo programma (buonanima) ed è quella stranissima malattia che ti porta a pensare di poter rinnovare tutta la tua casa decorando i tubi di cartone che avanzano quando termina la carta igienica.
Diligentemente vorresti buttarli nel secchio dedicato al riciclo della carta, poi, senza alcun motivo, inizi a fantasticare e ti dici: “E se lo ricoprissi di colla vinilica e lo trasformassi in porta cotton fioc?“.
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Bricolage, le origini
In principio fu Art Attack, il programma di Rai Due, condotto da Giovanni Mucciaccia, che ha nobilitato l’uso della colla vinilica. Ricorda sempre di diluirla con dell’acqua se vuoi che la superficie ricoperta risulti “Duuuuuura come la pietraaaaa” (accompagna la frase picchiettando sull’oggetto come se bussaste alle porte del paradiso).
Altrimenti diventa semplicemente molto collosa, molto vinilica. In sostanza una schifezza. Poi, dopo anni e anni di studio, si è passati a Paint your life, la versione più adulta di Art Attack, quella fatta per le casalinghe amanti del fai da te estremo.
Bricolage (e sai cosa fai)
La conduttrice, Barbara Gulienetti, aveva (e credo abbia ancora) le fattezze di una fatina. Sembrava (e sembra ancora) una maestra d’asilo. Ha dei figli, quindi, è certo, conosce le cose della vita. A meno che non abbia costruito da sé i suoi bambini, sfruttando dei vecchi pupazzi e facendoli diventare dei simpatici succedanei di un lattante.
Ma non credo sia mai arrivata a questo punto. Almeno lo spero per lei. Perché mi era molto simpatica e in fin dei conti ammiravo il modo in cui riusciva a rendere facili le imprese più spericolate, come quella di far diventare quelle tipiche pedane di legno che servono a scaricare la merce in un divano letto da monolocale.
O meglio, un letto che all’occorrenza diventava un divano, che poi diventava libreria, che poi diventava un porta computer. Ma, pur con tutto l’affetto del mondo, come caspita faccio a procurarmi una pedana che serve a scaricare la merce? Chi è così folle da rischiare il posto di lavoro per farti dono di una pedana?
Il problema era (ed è) sempre quello: come procurarsi gli ingredienti per il progetto super bricolage della settimana. “Andate dal vostro falegname e procuratevi dei listelli tagliati a misura“, diceva Barbara parlando del bellissimo mobile fatto con vecchie cassette di frutta di legno.
Frase che poneva interrogativi profondi tipo “Chi lo conosce un falegname?” oppure “Se conoscessi un falegname ti pare che mi metterei a rubare cassette di frutta?“.
E alla fine arriva Nifty
Oggi è tutto diverso. Basta prendere il cellulare, curiosare sui canali tipici del do it yourself e puoi sognare di carteggiare una carabina del 1972 per farla diventare un vaso. Considerata la mia totale incapacità, mi chiedo se sia davvero necessario sottoporsi a questo tour de force solo per il gusto di trasformare un porta candele in un reggi pennelli da trucco.
Di sicuro la creatività è un fuoco che arde nel nostro cuore. E te lo confesso, davanti a certi progetti ho pensato anche io di mettermi al lavoro per trasformare il sotto lavello in un terrario con piante esotiche. Solo che è bastato prendere una scatola di legno, incollarci sopra dei cosi strani per notare un fatto. Una scatola di legno con sopra dei cosi strani è brutta. Almeno, a me viene brutta.
Non so se gli uomini siano coinvolti da questa ondata brico-pornografica, da questa lotta per il cambio della destinazione d’uso o se, a differenza delle loro sorelle, mogli, madri, non siano immuni a questa passione, provando, come me, fastidio e invidia per lo sfrenato ottimismo che sottende ogni trasformazione.
Quell’ottimismo che ti spinge a ricoprire con lo zinco il tavolo della cucina. A proposito, lo zinco lo vendono in rotoli, esattamente come l’alluminio per alimenti. Ma non ci si può fare la cottura al cartoccio.
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