Da quando un bambino bellissimo mi ha detto che sono Yoda (bada, non “somigli a” o “sei saggia come“, ma “sei“) l’universo di Star Wars ha assunto per me un valore inestimabile. In poche parole sono uno Jedi, prevedo i vincitori di Sanremo, parlo come un’abitante di Quartu Sant’Elena. Sabato scorso ho visto Star Wars: Gli ultimi Jedi e non ho ancora capito se mi è piaciuto o no. Provo a ricostruire con te, da brava cronista, tutto quello che è successo.
Innanzi tutto, la trama. Rey (Daisy Ridley) incontra Luke Skywalker (Mark Hamill) e chiede al glorioso guerriero Jedi di insegnarle a “dominare” la Forza che sente dentro di sé. E di aiutarla a combattere il Primo Ordine, al fianco della Resistenza. Il malvagio Leader Supremo Snoke e il suo protetto Kylo Ren (Adam Driver) cercano di distruggere i ribelli guidati dal Generale Leia Organa (Carrie Fisher) e non c’è più tempo da perdere. Nel frattempo, il pilota di X-wing Poe Dameron (Oscar Isaac), l’ex assaltatore Finn (John Boyega) e la giovane Rose (Kelly Marie Tran) si lanciano in una missione ai limiti della sedizione.
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Star Wars: Gli ultimi Jedi, distruggere il mito
- Ho pianto come un vitello, quindi in una qualche parte del mio cuore il film è arrivato.
- Ai quindicenni seduti dietro di me (spero che siano riusciti a fare latino) è garbato parecchio, più di Episodio VII.
- Dopo una lunga e bella chiacchierata con un amico che lo ha amato tantissimo, ho capito che il regista, Rian Johnson, è Poe Dameron. Una testa calda che si lancia in imprese folli, tipo “dare nuova vita e totale autonomia a Star Wars“. E se per fare questo e conquistare un nuovo pubblico bisogna tagliare i ponti col passato, distruggere il mito, che si proceda.
I fatti finiscono qui. Da adesso un avanti ci sono le mie sensazioni. E se ti dovessi dire che Star Wars: Gli ultimi Jedi è un film “riuscito” ti direi di no. Non completamente almeno. Non sono una fan maniacale, né un’esegeta di Jar Jar, ma amo questa saga immaginifica, l’unica che sia riuscita a seguire fino in fondo e che mi abbia davvero interessata.
Fuoco, distruggi con me
Da questo punto di vista “laico” ma appassionato posso dirti di aver trovato certi momenti comici del tutto fuori luogo. Non puoi annegare il mito nell’umorismo alla Balle spaziali. Neanche i continui colpi di scena, con ricorso costante alla fatina buona della sceneggiatura (deus ex machina, per fare quella che ha studiato) mi hanno convinta. Tre capovolgimenti di senso in una sequenza di venti minuti? Eddai!
D’accordo, tutto è parte di una studiata strategia per demolire il passato e fondare un universo rinnovato, incarnato dai deliri post adolescenziali di Kylo Ren. Però… È per Rey che palpito, per quella ragazzina che invece il mito lo cerca e lo va a prendere su un’isola misteriosa. E come Rey sostengo che uno Jedi debba e possa essere sempre una guida. Anche se Luke risulta deludente.
È vero, la Forza scorre potente in Rey con o senza addestramento. E scorre anche in un bambino senza nome che sogna di combattere e di essere parte della Resistenza. Non è un’entità amministrabile da una “chiesa”, e questo forse è il messaggio rivoluzionario del film, eppure, da semplice spettatrice innamorata delle storie, il filo col passato non riesco a spezzarlo.
Star Wars: Gli ultimi Jedi, le donne coraggiose
Tuttavia, come ti dicevo, ci sono stati dei punti in cui mi sono emozionata. Nel bellissimo finale, ad esempio, in cui il regista ha invece scatenato il mito, senza freddarlo. E di fronte al coraggio mostrato dalle donne della storia.
Star Wars è sempre stato un’epica “femminista”, quindi non è una novità che i personaggi femminili siano così belli e sfaccettati. Impossibile mi è stato le lacrime trattenere davanti a Leia-Carrie Fisher. Non più principessa ma Generale, risoluta e generosa madre col cuore a pezzi.
Mi sono emozionata nel vedere così ben rappresentata la resistenza dei pochi contro i molti. Nel vedere l’impavida Rose, mio personaggio totemico e nuovo idolo, e il vice ammiraglio Amilyn Holdo (Laura Dern, bellissima in glicine).
Con tutti i dubbi e le perplessità, me lo faccio bastare.
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