In un paese cattolico come l’Italia, l’unica concessione al pensiero della reincarnazione riguarda panettone, pandoro e torrone. Nessuno può vietare ad una casalinga di Narni di regalare una nuova vita a quei sette pandori acquistati sul finire di novembre. Già intorno al 27 dicembre cominciano a moltiplicarsi su siti e blog di cucina le ricette più disparate per far reincarnare i dolci natalizi che avanzano.
Da quando vivo sola, la riutilizzazione del pandoro non è più un problema centrale. Lo era anni fa, quando mia madre era solita comprare venti confezioni di panettone e/o pandoro, “perché sono in offerta, non si può mai sapere, e dobbiamo regalarli“.
Ammesso che alcune di quelle scatole andassero effettivamente ai reali destinatari, restava da decidere cosa fare con le rimanenze. E con i pericolosissimi panettoni di risposta, ossia quelli che papà riceveva a sua volta in regalo. Fondamentali soprattutto per operare un accurato confronto tra marche. Il nostro agire era molto semplice, quasi banale: li mangiavamo fino alla primavera successiva. Quando il problema si sarebbe riproposto con le colombe e le uova di cioccolata.
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La sfida del pandoro comincia adesso
Oggi, duole ammetterlo, è tutto diverso. Se lasci un pandoro da solo con la sua millenaria dolcezza a intristirsi nella scatola rossa, vieni considerato un reietto. La parola d’ordine dell’epoca contemporanea è creatività (anzi, creatività!, ci vuole sempre il punto esclamativo).
Creatività significa tagliare a fette orizzontali il dolce, ottenere delle sezioni a forma di stella, farcirle con una crema alla panna e mascarpone, ricoprirle con del cemento al gusto di pistacchio.
Il pandoro non può essere lasciato così com’è stato progettato dai maestri pasticceri di Verona. Deve necessariamente essere trasformato in qualcosa di diverso. Qualcosa che ha lo stesso gusto del pandoro, ma che pare brutto chiamare con questo nome. Bicchierini di pandoro al caffè, tiramisù al pandoro, crema al caffè con polvere di pandoro, palline di pandoro con crema al caffè, charlotte di pandoro all’arancia, pandoro fritto.
Ne resterà solo uno
Lo stesso destino è riservato al panettone. Come spiegare altrimenti l’esistenza dei muffin al panettone, della macedonia di panettone, del gran misto di panettone o della fonduta di panettone?
Ho letto una ricetta in cui il panettone veniva usato addirittura come ripieno per una coscia di tacchino. E a giudicare dalla grande quantità di ricette di semifreddi e gelati al torrone, non possiamo escludere da questa analisi lo spacca otturazioni per eccellenza.
Perché anche il torrone non può essere solo sé stesso, ma va inserito in un progetto cosmico più ampio che lo vedrà reincarnarsi l’11 giugno 2013 in una bavarese alla pesca.
Non so spiegare cosa si nasconda dietro a questa tendenza al riuso. Ho combattuto anche io con le cataste di panettoni e pandori, ma ho deciso con coraggio di comprarne solo la quantità che sarei riuscita a consumare, cioè nessuna.
So però che la gola può essere cattiva consigliera. E sotto sotto piace l’idea di avere un numero sufficiente di scatole per fare un tramezzo e ricavare quella camera in più che tanto serviva. Lasciamo che pandori, panettoni e torroni siano solo i compagni felici di quel periodo che va dall’8 dicembre al 6 gennaio. Attendiamoli con la giusta partecipazione e poi, quando tutto è finito, lasciamoli andare.
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