Ti do subito due motivazioni semplici per andare a vedere il film di Sou Abadi, Due sotto il burqa, in uscita il prossimo 6 dicembre con I Wonder Pictures. La prima, riesce a far ridere di un tema importante con il fondamentalismo islamico. La seconda, è scritto davvero bene. E in effetti se non fosse stato strutturato in maniera briosa, intelligente e approfondita, non sarebbe riuscito ad affrontare una simile missione senza naufragare.
Sou Abadi, invece, cresciuta come documentarista, racconta la Parigi di oggi e gli spettri del passato con occhio benevolo ma accurato, preciso. Forte di un’esperienza personale che è riuscita a infondere in ogni battuta.
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Due sotto il burqa, Leila, Armand e Mahmoud
Parigi. Leila e Armand sono belli, innamorati, molto impegnati nel sociale e felici. Devono partire per New York dove potranno lavorare come tirocinanti alle Nazioni Unite. Cosa mai potrebbe impedirgli di vivere una vita nuova? Semplice: l’arrivo del fratello di Leila, Mahmoud. Tornato dallo Yemen dopo una “vacanza”, il ragazzo si è in realtà radicalizzato. E la prima a subire la sua furia religiosa è ovviamente Leila, assieme all’altro fratello Sinna.
Bloccata a casa, privata del passaporto, la giovane non riesce più a comunicare con il fidanzato. Armand però trova la soluzione: indossa un hijab e fa visita alla ragazza nelle vesti di Shéhérazade. Suo malgrado farà perdutamente innamorare Mahmoud.
Due sotto il burqa, in amore vince chi ammalia
Quando una commedia ha ritmo, cioè ogni battuta è cronometrata al secondo, hai sempre la sensazione di respirare. È come se qualcuno ti prendesse per mano e oltre al naturale piacere legato a una storia che si svolge davanti ai tuoi occhi, provassi anche un’irrefrenabile divertimento.
Due sotto il burqa è così. Acuto nella descrizione di un integralismo islamico qui non spaventoso, ma ugualmente pesante. E leggero nella narrazione, in cui abbondano cadute, colpi di scena, svenimenti, battibecchi al fulmicotone.
Eppure, il cuore del film non è la semplice tirata contro il fondamentalismo. Esso è racchiuso nella parola Shéhérazade, la bella principessa di Le mille e una notte capace, con la sua malia, di sovvertire un destino segnato. E di salvarsi dalla morte, raccontando al suo aguzzino la bellezza del mondo attraverso l’incanto di una fiaba.
Che sia un uomo questa nuova Shéhérazade e che le parole e le poesie di questa misteriosa figura riescano a far rinsavire Mahmoud e il giovane Sinna, è un colpo di genio della regista. È l’umanità l’unico appiglio a cui aggrapparsi per tornare sulla Terra. E l’umanità è fatta di fantasia e amore. Da vedere!
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