Silvia Siravo è una giovane attrice che da anni sta costruendo la sua carriera teatrale con intelligenza. In scena dal 2 al 17 dicembre al teatro Arcobaleno di Roma, sarà la protagonista, assieme a Aldo Vinci, Maurizio Palladino, Alessandro Scaretti, Debora Mattiello e Filippo Velardi, del dramma di Luigi Pirandello, Vestire gli ignudi, con la drammaturgia e regia di Giuseppe Argirò.
Un’opera, come tutte quelle scritte dall’autore siciliano, che conserva ancora oggi una grande modernità. E che vede al centro della storia una donna e il suo disperato tentativo di essere amata e non dimenticata.
Istitutrice in una ricca famiglia, Ersilia viene lasciata dal fidanzato. Lo stato di prostrazione la rende fragile e assoggettabile. Ne approfitta il datore di lavoro, il console Grotti che prova a intrecciare con lei una relazione clandestina. Una tragedia, la morte della piccola assistita di Ersilia proprio durante l’incontro con Grotti, spinge la ragazza a tentare il suicidio.
Qui Pirandello cambia in maniera geniale il racconto, mutando quella donna in un’eroina contemporanea. Ersilia prova a trasformare quella vicenda sordida, in una verità nuova. Qualcosa che la aiuterebbe a rendere accettabile la situazione. Prova cioè a raccontare una versione diversa ad un giornalista accorso al suo capezzale.
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Silvia Siravo e Luigi Pirandello
Silvia, non è la prima volta nella tua carriera affronti un testo di Pirandello che, assieme a Eduardo, è il nostro autore più moderno.
Ci stiamo accorgendo, proprio in questi giorni di lavoro e approfondimento, di quanto Pirandello sia stato moderno. Proprio nella scarnificazione dei rapporti umani, nella rappresentazione del rapporto uomo-donna, vittima-carnefice. Ci sono delle cose di una verità e un’attualità assoluta.
Sì, avevo già interpretato Mommina in Questa sera si recita a soggetto, altro ruolone. Vestire gli ignudi viene dopo la trilogia (teatro nel teatro, con Sei personaggi in cerca d’autore, Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo, ndr) e ad essa ci sono molti riferimenti. Affrontiamo un’altra sfida non facile perché è un personaggio molto complesso.
Silvia Siravo ed Ersilia
Cosa ti piace di Vestire gli ignudi e della tua Ersilia?
Ersilia è una donna che ha trovato la forza di parlare. È un’istitutrice incastrata in obblighi sociali ed è vessata, violata, da tutte le persone che la circondano. È una donna che dà voce al suo dolore e in qualche modo è rivoluzionaria. Della storia mi piace il fatto che parta già dal suo tentato suicidio. La protagonista guarda il mondo con uno sguardo straniato. Ha già toccato il fondo e può dire tutto. Ha la libertà di “dire quello che nessuno può confidare neanche a se stesso”, come racconta lei stessa.
È una ragazza che non si sente libera a sufficienza per essere davvero se stessa?
Lei oltrepassa il limite. Prova a dire la verità anche se non viene creduta mai. Tanto che poi deve avvelenarsi di nuovo per dimostrare di non aver mentito per vivere, ma solo per lasciare di sé un ricordo dignitoso, in una situazione in cui le è stato impossibile avere un’identità. Ecco, lei muore per mancanza di identità. Ma il suo è un gesto estremo che racconta debolezza e forza, disperazione e orgoglio. Rifiuto di essere quello che vogliono gli altri.
Ti ha spaventata questa sua fragilità?
È un viaggio faticoso e un po’ spaventoso a volte, sì. C’è una scena con il console Grossi, che è un vero gioco al massacro. Una scena forte, toccante. La bellezza del teatro è che alla fine del viaggio in questi meandri oscuri ti senti libero. È la possibilità bella che ci dà questo mestiere, che ci permette di vedere queste cose estreme e poi di sentirsi centrati nella vita.
Silvia Siravo: “I media salvano, ma spettacolarizzano la sofferenza“
Un elemento chiave della pièce è il ruolo della stampa. Che Ersilia prova a usare a suo favore, ma che alla fine usa la donna. Oggi una vicenda del genere verrebbe affrontata in decine di talk show, telegiornali, sui social. Come ti rapporti rispetto a questo tema?
Ersilia tenta di recuperare una dignità attraverso la confessione al giornalista, poi però le si rivolta tutto contro. La sua storia viene raccontata in maniera scandalistica o romantica. Ed entrambe le versioni non sono giuste. Ognuno parla di Ersilia a modo proprio, ma la verità non si ritrova in nessuna parte. Pensa a quello che sta succedendo oggi. A quanto si sia scatenata una vera gogna mediatica che svilisce chi ha denunciato. C’è una funzione salvifica della stampa, ma anche una spettacolarizzazione della sofferenza.
Silvia Siravo e la violenza: “Solo se se ne parla ci può essere un’evoluzione”
Sabato scorso si è celebrata la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, una data simbolica che ci obbliga a non chiudere gli occhi su un argomento così delicato. Da donna, da attrice, qual è il tuo pensiero su quello che sta accadendo in questi mesi?
L’importante è che se ne parli dell’abuso di potere. Solo se se ne parla ci può essere un’evoluzione. Si dice che queste cose siano sempre avvenute, nel cinema come in altri ambienti. Bene, dovremmo cercare di migliorare, no?
Ci puoi parlare di un altro tuo progetto importante, La voce delle donne – Considerazioni al femminile sulla violenza di genere?
È un libro fotografico di Sergio Battista che ha come protagoniste ventuno donne, me compresa. Ognuna di noi ha scritto un piccolo pensiero, una riflessione sull’argomento, nel modo più libero. La cosa bella è che abbiamo portato questo lavoro nelle scuole con un piccolo reading. Questa è una cosa che mi sta molto a cuore, perché in qualche modo si discute e si stimola una riflessione. I ragazzi delle medie non smettevano più di fare domande, di proporre riflessioni. Più in generale penso che bisogna denunciare subito quelle che possono essere delle situazioni di violenza. Anche situazioni più subdole, meno evidenti. Parlare tra donne, non vergognarsi è importante, essenziale.
Ersilia invece era completamente sola…
Di più: sola, nuda, senza appiglio.
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