Gianna Coletti è un’attrice e autrice di grande sensibilità. Da poche ore ha terminato la sua performance al Teatro Linguaggicreativi di Milano dove fino a ieri, domenica 19 novembre, ha portato in scena MAMMA A CARICO – Mia figlia ha novant’anni. Un monologo dolceamaro in cui racconta il rapporto con una madre speciale. Una donna ferocemente attaccata alla vita, dispotica e fragile al tempo stesso.
Nell’attesa che il prossimo 2 dicembre lo spettacolo si sposti al teatro Comunale di Aldeno, in provincia di Trento, ci siamo fatte raccontare dalla stessa Gianna Coletti qualche dettaglio in più del suo lunghissimo viaggio. Partito con un blog, Mamma a carico, appunto, diventato poi un libro per Einaudi, un film diretto da Laura Chiossone, infine testo teatrale.
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Gianna Coletti, diventare mamma della propria madre
È una fase naturale della vita prendersi cura dei propri genitori. Anche se naturale non vuol dire facile. Per te com’è andata?
Per me è stata una fase naturale, ho seguito la mia coscienza e non avrei potuto fare diversamente. Ho avuto con mia madre un rapporto conflittuale fin da bambina: a sette anni ha iniziato a farmi studiare perché voleva diventassi una soubrette, aveva investito in me grandi speranze. Questo però non significa che non nutrissi un grande amore nei suoi confronti e, quando è crollata, mi sono resa conto di quanto fosse indispensabile per me, nonostante tutto.
Mamma a carico, il blog
Quanto è stato importante il blog come canale di comunicazione? A volte ciò che si desidera è anche solo parlare, per liberarsi di un peso, certo, ma soprattutto per condividere…
È stato fondamentale. Ricevevo tantissime lettere di donne (per lo più disperate) e le condividevo, per poter parlare tra di loro: dalle piccole esperienze, infatti, posso rivelarsi un grande aiuto.
A volte cerchiamo di allontanare vecchiaia, perché fa paura e molte donne vengono lasciate sole a vivere questa situazione difficile, ovvero accudire una persona cara che bisognerà seguire per tanti anni.
Da recenti studi è emerso che il cervello è sottoposto ad uno stress enorme in queste situazioni, perché non è come prendersi cura di un bambino, che è pronto alla vita, i propri genitori purtroppo davanti hanno altro.
Il blog mi ha fatto conoscere un mondo sommerso di totale sofferenza, sarebbe bello poter istituire dei gruppi di ascolto dove ci si ritrova e si condivide.
Quanto è difficile riportare in scena ogni sera un’esperienza così intima?
Emotivamente molto. È vero che si tratta di uno spettacolo molto leggero e si ride parecchio. Entro ed esco da situazioni leggere ed ironiche ed altre più forti. Comunque leggerezza non significa mancanza di profondità, ma è un modo per coinvolgere il pubblico.
Gianna Coletti: “Il fine è quello di parlare dell’ argomento senza tabù, ironizzando chi lo vive sulla propria pelle
C’è poi un momento dello spettacolo che non riesco a controllare, un ricordo che mi ha fatto molto male per via del mio senso di colpa (me l’ha istillato mia madre dalla tenera età) e mi scendono le lacrime.
Cosa ti ha aiutato di più negli anni?
Non mi sento particolarmente aiutata da parecchio tempo, ho fatto tutto con mie forze compreso questo piccolo spettacolo, a parte quello di due sindacati ovvero FNP-CISL e CGIL.
Sono contenta di averlo fatto, anche perché ho avuto dei feedback molto positivi, tra cui quello inaspettato di Andrée Ruth Shammah. Le è piaciuto così tanto da decidere di darmi una mano per portarlo al Teatro Franco Parenti di Milano di cui lei è direttore artistico.
Condividere per essere leggeri
Gli artisti sono dei privilegiati. Hanno la possibilità di trasformare in universali dei sentimenti che sono “singolari”. Cosa vuoi che arrivi dal tuo spettacolo?
Sul privilegio ho qualche dubbio, perché non bisogna pensare solo ai grandi nomi conosciuti anche grazie al cinema e alla fiction.
Ci sono artisti che ricevono centinaia di no e porte in faccia per tutta la vita e arrivano ad una certa età che non si possono permettere lo stesso tenore di vita di altri loro colleghi.
Insomma, è un lavoro precario che si è accartocciato su se stesso.
Però si, dal punto di vista artistico si ha spesso la grande possibilità di interpretare tanti sentimenti con tanta libertà. E stando ai primi messaggi che mi sono arrivati (anche di ringraziamento), posso dire di essere felice di avere fatto emozionare, commuovere e coinvolgere con il mio spettacolo.
Gianna Coletti: “È riuscita a sua insaputa a trasmettermi il suo attaccamento feroce alla vita”
C’è un ricordo di tua mamma, un particolare che ti piace ricordare tra tutti e di cui vuoi parlare ai nostri lettori? Cosa ti ha insegnato?
Purtroppo non sono una di quelle figlie che può dire che la propria madre l’ha aiutata a diventare grande con i suoi insegnamenti, anche perché lei stessa ha avuto una vita difficile. L’ho vista cadere e rialzarsi più volte, nonostante fosse cieca e tutta storta.
Io all’inizio non accettavo quello che stava accadendo, ma purtroppo è la normalità perché a 90 anni la vita può riservare delle cose non piacevoli. Continuavo a chiedermi “è possibile che un domani ci lasceremo io e lei?”. Il fatto di starle accanto, dandole tantissimo, alla fine mi ha aiutato a superare anche il dolore della sua morte, questo distacco tremendo.
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