È nelle librerie da oggi #EVERYCHILDISMYCHILD Storie vere e magiche di piccola, grande felicità (Salani), una raccolta di storie raccontate da trentatré protagonisti del mondo dello spettacolo italiano che hanno deciso di mettersi in gioco in una nuova veste per raccogliere fondi da devolvere attraverso l’associazione #everychildismychild alla Onlus Insieme si può fare. E ricostruire la Plaster School, un centro educativo e rieducativo elementare per i bambini profughi al confine tra Siria e Turchia. Tanti, tantissimi gli artisti che hanno contribuito al libro. Tra questi, anche l’attore Andrea Bosca.
Al telefono Andrea Bosca è un fiume in piena. Si percepisce l’emozione per un progetto nato sull’onda di un sentimento spontaneo e diventato, in pochi mesi, qualcosa di grande. “Ti assicuro che mettere insieme dei soldi non è una cosa facile. Siamo nati a maggio e abbiamo già fatto un concerto, un libro e una cena charity. E molte altre cose verranno ancora”, ci ha raccontato.
Andrea, sei stato recentemente in Turchia, o meglio al confine tra Turchia e Siria. Immagino che vedere certe cose dal vivo cambia tutto. Cosa ti ha spinto fino a lì?
Sono stato a Reyhanli in Turchia come rappresentante di #everychildismychild, di cui sono socio fondatore. Ero accompagnato da Lorenzo Locati che è il presidente di Insieme si può fare, la onlus che noi beneficiamo e che è titolare del progetto Plaster School.
Spiega nel dettaglio che cos’è Plaster School
Letteralmente vuol dire scuola cerotto. Essa permette ai bambini rifugiati della Siria di non stare per strada e di non dover lavorare. Li aiuta a imparare a scrivere, a leggere, a stare assieme agli altri. Ad avere un’infanzia pressoché normale, insomma.
Andrea Bosca: “La Plaster school è una scuola molto speciale, fatta per i bambini più speciali del mondo. Ma anche i più in difficoltà”
Sei tra i soci fondatori dell’associazione. Come sei arrivato a far parte di questo progetto?
È stata Anna Foglietta a dar vita a questo pensiero, movimento, ideale, come lo chiamiamo noi. Dopo la notizia dell’ennesimo bombardamento (l’attacco chimico del 4 aprile 2017 a Khan Shaykhun Ndr) ci ha riuniti tutti in una chat che tutt’ora funziona e dove discutiamo di qualunque cosa. Facciamo tutto in prima persona. Io ad esempio faccio il segretario. Altri organizzano i concerti e via di seguito. Per noi i bambini sono il centro di tutto. La guerra in Siria è terribile, sporca. Nel nostro piccolo quindi cerchiamo progetti che possiamo finanziare attraverso il nostro lavoro.
E arriviamo al libro, finalmente…
Sono strafelice di questa cosa, perché un libro è qualcosa che puoi prendere, toccare, lo puoi regalare. È comunque gioioso perché parla di felicità. Chi compra il libro manda davvero i bambini a scuola, sa che farà veramente una cosa concreta e utile. È la benzina della Plaster School. Grazie allora a Salani che è stata partner e che è riuscita a mettere insieme trentatré teste comunque niente male. Grazie anche per averci aiutati ad avere un tema comune e una confezione bella. Trovo bellissimo ad esempio che la biografia introduttiva di ogni autore sia accompagnata da una foto da bambino.
Qual è il tuo racconto?
La mia storia si chiama Selvatica e racconta un episodio della mia infanzia in cui ho incontrato la felicità. Sono convinto che la felicità arrivi nel momento in cui smetti di cercarla. In questo caso parlo di un gioco che facevo da piccolo, che mi ha insegnato tanto sugli animali e sul modo di stare al mondo.
Andrea Bosca: “Chi si avvicina a #everychildismychild capisce che noi agiamo col cuore”
Credi che la cosa peggiore di questi tempi sia l’assuefazione alla violenza e al terrore?
Be’ noi siamo qui a ricordare tutto. Soprattutto le situazioni non comode, quelle che non sono mediaticamente sulla cresta dell’onda. Abbiamo parlato di Siria perché la nostra associazione nasce come reazione a una cosa orrenda. Quei bambini esistono, devono avere un posto in cui studiare. Alle famiglie abbiamo portato 25 chili di prodotti alimentari proprio per colmare i bisogni primari e far sì che i figli potessero dedicarsi ad altro. Inoltre c’è un lungo lavoro preparatorio con le famiglie per convincerle a mandare i figli a scuola.
Alcuni pensano, perché aiutare chi è lontano, quando ci sono bambini italiani che soffrono. Cosa ti senti di dire a chi la pensa così?
Ci sono situazioni difficili in tutto il mondo, molte sono anche a casa nostra. E gli daremo voce. Lì, in questo momento storico, però, c’è un’emergenza. Ho visto quei bambini. Si sono trovati faccia a faccia con la violenza vera. Alcuni ce l’hanno scritta sul proprio corpo. E ci vorrà un lungo lavoro umano per permettergli di essere sereni. Perché, come dice Lorenzo Locati, coloro che hanno vissuto solo soprusi, rischiano di diventare una nuova generazione di violenti. Se noi non gli diamo una scuola, un posto dove possono studiare, giocare, stare insieme, imparare come si vive civilmente.
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