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Borotalco, cinque cose che ho imparato da Sergio e Nadia

Nemmeno ricordo quando è stata la prima volta che ho visto Borotalco. Venne proiettato nel gennaio del 1982. Ricorrenza che è stata giustamente celebrata alla Festa del Cinema di Roma 2017 (e dove sennò). Se la matematica non è un’opinione, avevo 7 anni ed ero essenzialmente preoccupata dal dettato e dalle addizioni in colonna.

Poi, la folgorazione. E l’innamoramento immediato per Sergio Benvenuti, Nadia Vandelli e i colossi della musica. Per le olive greche e Manuel Fantoni. Per Lucio Dalla e gli Stadio. Che film meraviglioso ha diretto Carlo Verdone.

Dopo Un sacco bello e Bianco, Rosso e Verdone lo aspettavano tutti al varco. E lui che ha fatto? Una commedia deliziosa, un cult movie senza personaggi e macchiette. Emblematico di quell’Italia multicolore, in cui si leggeva Ragazza In (l’ho fatto pure io) e ancora si sognava coi fotoromanzi di Ezio Miani e Alex Damiani. Un’Italia dove il posto fisso era ancora possibile. E ti stritolava come una morsa.

Posso solo immaginare la fitta allo stomaco che ha provato il povero Sergio quando la fidanzata Rossella lo minacciava parlandogli di camere da letto e televisori nuovi. Mentre Alberto Sordi se la rideva in TV.

Non passa giorno in cui non citi almeno una battuta di Borotalco. È una specie di atto di fede. Il segno di appartenenza ad una squadra che gioca e si danna l’anima anche se sta perdendo.

Perché Sergio Benvenuti era destinato a cose piccole. Figurati, un venditore porta a porta di enciclopedie musicali. Quei catafalchi che poi finivano solo per impolverarsi a dispetto delle finiture in oro e della rilegatura in pelle.

Mi pare di vederlo adesso, ancora più stempiato. Forse divorziato. Elettore incerto e masochista.

Dunque, cosa ho imparato dal film in questi 35 anni di onorata presenza nella vita di tutti noi? Ecco la classifica.

Borotalco

Borotalco, la mia top 5

1) Il 326 di via della Farnesina non esiste. Ci sono andata, l’ho percorsa in lungo e largo per trovare il numero civico della casa di Manuel Fantoni, architetto. Niente da fare.

2) La settima luna mi fa abbastanza effetto. Non è quella del luna-park ma ogni tanto viene a sconvolgere le mie certezze. Porta sogni strani e notti tempestose. E canticchio pure.

3) Mai scrivere lettere a un cantante. L’ho fatto e non hanno mai risposto. Certo, se magari avessi scritto a Lucio Dalla forse qualcosa sarebbe cambiato.

4) Davanti ad un tizio come Manuel Fantoni ci si casca sempre. L’importante è non prendere la 500 nel bel mezzo di un temporale e andarsi a schiantare contro un’altra macchina.

5) Dustin Hoffman non ha mai richiamato, né mai richiamerà.

Leggi anche: Auguri a Monica Vitti, l’attrice italiana più moderna.

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Francesca Fiorentino
Francesca Fiorentino
Giornalista professionista e podcaster, scrivo, cucino e faccio ridere, non sempre in quest'ordine. Amo la radio, i film, le margherite, le magliette a righe, i regali inaspettati e i taccuini nuovi. Qui leggi il mio sito professionale


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