Non fate come me, dice Ruben, il protagonista del primo romanzo di Massimiliano Bruno. In realtà l’uomo non pronuncia mai queste parole. Non ha bisogno di farlo. Perché è la sua storia di cinico rinsavito a parlare. Una storia che ti consiglio di leggere tutta d’un fiato, com’è capitato a me.
Attore, regista e sceneggiatore di successo, Bruno debutta nel mondo letterario con un libro notevole (edito da Rizzoli). Che fosse un ottimo narratore lo avevo sempre saputo. Che scrivesse un libro in maniera nuova e affatto banale non era ovvio. Quindi il plauso è doppio.
Cronaca di un sabato sera
Non fate come me mi ha colpita tantissimo. Mi ha fatto compagnia, come avrai capito, in un pigro sabato sera casalingo. Uno di quelli in cui hai solo voglia di metterti sotto al piumone a leggere e leggere. E ho letto e letto. Per ore.
Di bello in questo esordio ci sono tantissimi elementi. Il primo, il meno scontato, il fatto che Bruno, autore umoristico di livello, non si lasci mai andare al facile effetto comico. Sarebbe stato quasi naturale, perfino giusto. Ma la storia di Ruben segue dei binari diversi. Si snoda sul filo dei pensieri del protagonista che forse impropriamente ti ho descritto come cinico rinsavito. Il suo non è cinismo né cattiveria. Forse è anaffettività.
Che parolone! Lo è, credimi. Chi è l’anaffettivo? È chi svuota di significato i rapporti umani. È la persona che si lega alle cose e non al sentire. Chi si rinchiude in una torre di cristallo perfetta. Eppure fragilissima.
Ecco, Ruben è in parte così. Quanto basta per capire davvero di stare male. E rendersi conto che la sua umanità sta andando a donne di facili costumi. Imprigionato in una normalità deprimente, fatta di un lavoro che detesta, di una donna amata solo fino ad un certo punto (quindi non amata). Rabbioso verso sé, che punisce con chili di hamburger e patatine, e verso gli altri. Brutto e in disordine come la sua casa.
C’è chi dice NO
Cosa gli succede? Qual è la bomba che fa deflagrare il suo mondo? La morte di una ragazza. Un’immagine cruenta e dolorosa come un incubo. Il bello degli incubi però è che ti fanno svegliare. E se sei nel giusto stato d’animo mettono in moto testa e cuore. Così, Ruben va alla ricerca di tutti i carnefici della sua vita per vuotare finalmente il sacco. E dire quei NO che sono sempre rimasti imprigionati in gola.
Verso un padre assente, una madre sciatta, una sorella sciroccata, una ex pesante, un amico che se n’è andato nella peggiore delle maniere, un capo antipatico. Facile, vero, liberarsi di un macigno e alleggerirsi… Neanche un po’. E glielo fa capire la meravigliosa nipote Beatrice, una ragazzina di 16 anni che con grande maturità gli spiega che separarsi da certe figure è meglio che accusarle e recriminare. O addebitare a loro il malessere di un’esistenza intera. Separarsi vuol dire capire quello che per primo lui non è stato in grado di fare.
Mi piace da sempre Massimiliano Bruno perché riesce a dire cose importanti con grande leggerezza. È il superpotere di ogni commedia, come ti spiegavo nella recensione di Nove lune e mezza.
In questo libro, in cui si mette a nudo come mai prima, Massimiliano ci dice che nella vita si sta male e parecchio. Ma che si può cambiare. Ed è il secondo fattore che mi ha conquistata.
Non fate come me. Fate meglio
In Non fate come me c’è un uomo che prende per mano il protagonista. Si chiama Scipione, insegna a scrivere, a mettere nero su bianco pensieri e sentimenti. E a forza di frustrazioni e metaforiche randellate spinge Ruben a essere meglio di com’è. Come artista e come uomo.
La new age e i discorsi motivazionali dunque non c’entrano nulla. C’entra un lavoro profondo su se stessi.
C’entra la capacità di entrare in relazione davvero con le donne. Sono bellissimi, anche nella loro ferocia, i personaggi femminili del suo romanzo.
Su tutte, Beatrice e Jessie, belle di una bellezza piena, intatta, non rovinata dall’anaffettività. E le scoprirai pagina per pagina.
Poi ci sono Tina, la madre che frigge tutto e che riesce ad avere con i figli un rapporto esclusivamente alimentare. Perché altro non sa fare.
Mary, il clone di Tina. La donna che il povero Ruben crede di poter amare solo perché gli offre gattò di patate e pizze.
Infine, Francesca (no!!!! il mio nome su di lei no!!!!), colei che cerca stabilità, ma che alla fine vorrebbe plasmare a propria immagine Ruben.
Mi ha colpito tanto questo romanzo, come ti dicevo. Quando un autore ti racconta una verità profonda, il cuore sussulta sempre. E non ha nulla a che vedere con la compiutezza o la bellezza letteraria. Che tuttavia qui c’è. Questo doppio sogno, questa lotta contro il tempo merita la tua lettura.
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