Stesso stipendio per uomini e donne. Un tema, spesso dibattuto in questi anni, su cui in teoria ci si trova tutti d’accordo, ma che fino ad ora non ha portato a qualcosa di concreto.
Ecco perché la notizia dell’equiparazione salariale tra calciatori e calciatrici della nazionale norvegese ha fatto subito sussultare di gioia.
L’accordo raggiunto tra Federcalcio e associazioni sindacali dei calciatori ha reso possibile questa piccola grande conquista.
Non per sminuire l’evento, ma devi tener conto che l’ambito di cui si sta parlando è davvero piccolo. E difficile da replicare.
Dubito che la migliore calciatrice della serie A italiana (dove peraltro non esiste professionismo) possa guadagnare lo stesso stipendio ad esempio di Gianluigi Buffon.
Ma è certamente una mossa notevole. Resa possibile dalla “generosità” dei calciatori norvegesi che contribuiranno economicamente alle retribuzioni della nazionale femminile, di fatto raddoppiandole.
“In Danimarca stanno ancora negoziando e negli Usa le cose sono migliorate, ma potremmo essere l’unico Paese dove ci sia un trattamento uguale“, ha spiegato il il presidente della associazione calciatori Joachim Walltin.
Stipendio, la differenza di genere non è un’opinione
Di cosa parliamo quando si parla del cosiddetto gender gap? Ti faccio qualche esempio.
La pubblicazione della classifica di Forbes sugli attori e attrici più pagati di Hollywood evidenzia da tempo una diversità nettissima tra uomini e donne: 68 milioni di dollari Mark Wahlberg, 26 milioni Emma Stone, per citare i due più ricchi.
Anche nello sport, ad esempio, la tennista Serena Williams è pagata meno dei colleghi. Ma sono ambiti elitari. Scendiamo sulla Terra.
I dati relativi all’Italia ci parlano di una differenza percentuale del 12%, nel salario, in favore degli uomini (rilevazioni dell’Istat, riferite ai dati 2014). Con ambiti più o meno virtuosi.
Nel settore finanziario, quello che fornisce in assoluto stipendi più sostanziosi, ad esempio il gap salariale è molto alto.
A inizio carriera i ragazzi hanno retribuzioni maggiori dell’11% rispetto alle colleghe. E si arriva al 40% in più a fine carriera.
Nel settore scientifico si passa a stipendi più alti dell’85% negli uomini rispetto alle donne, superati i 50 anni.
Per riprendere da dove ho iniziato, quello che è stato fatto in Norvegia è cosa buona e giusta.
La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Maria Elena Boschi ha ribadito la sua ferma volontà di aprire un tavolo di lavoro su questi temi con il Ministro dello Sport Luca Lotti.
Ma in Italia, come già ho scritto, non esiste il professionismo nel calcio femminile, quindi niente contratti, copertura per maternità e infortuni. Si potrebbe partire da questo. E magari arrivare a risolvere anche le altre situazioni squilibrate.
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