Ora che la crisi è passata (non ci abbiamo proprio dormito la notte) mi piacerebbe parlarti del tormentone televisivo dell’estate: lo spot del Buondì Motta in cui la mamma fastidiosa di una bimba fastidiosa viene colpita da un asteroide. Gli esperti, in realtà, lo definiscono meteorite.
Il Buondì del reato
Esterno giorno. Villa di evasori fiscali multi milionari. Una ragazzina bionda dai capelli piastrati di fresco corre dalla mamma per chiedere a gran voce una colazione “leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e di golosità“.
La donna, intenta a sistemare i fiori del giardino in un vaso, dice “no, non esiste. Possa colpirmi un asteroide se…” SPLAAAAAAAATSH
Orrore! Scempio! Far morire una madre in una pubblicità! Ma non ci pensate ai bambini del mondo?
Questo è stato più o meno il tono dei commenti negativi alla réclame raccolti sui social. Un turbinio di dolorose considerazioni sulla morte, la caducità della vita, il crollo dei valori etici dell’occidente.
Calma, rilassiamoci è solo pubblicità
Si dà il caso che io sia la massima esperta municipale di pubblicità. Sin da bambina ho sempre amato gli spot. Ne studiavo ogni singolo passaggio: la musica, le battute, lo scenario, le immagini. Quando mi rifiutavo di mangiare (sempre) mio fratello, santo uomo, era costretto da mia madre a nutrirmi. E io lo obbligavo a recitarmi gli spot in cambio della mia collaborazione.
Sai cosa succedeva? Che esagerava apposta le battute, imitando le voci stridule dei protagonisti. E immaginando svariate catastrofi per le biondissime ragazzine che giocavano con Barbie nelle loro camerette perfette. Ridevo a crepapelle. Avevo 7 anni e un senso dell’umorismo basic.
Lo spot del Buondì nasce con lo stesso spirito. Esagera per far ridere il pubblico. E il risultato, almeno nell’immediato, viene centrato. Non sempre però uno spot intelligente riesce a valorizzare il prodotto che promuove. E in soldoni, l’aspetto primario di una pubblicità è portare più gente possibile a comprare ciò che propone.
Ti dico quello che funziona per me: io premio sempre il commercial umoristico.
Non sono una consumatrice di merendine industriali, ma dovessi scegliere comprerei questa, se non altro per affinità ironica. La penseranno come me gli altri milioni di italiani? Sono dati che valuterà il committente in un secondo tempo. Di sicuro lo spirito caustico del filmato non è piaciuto a tutti. E questo può nuocere sul medio e lungo tempo.
Son tutte belle le mamme del cosmo
Cosa non è piaciuto a un certo gruppo di spettatori? Il fatto che a morire sia la mamma. Per par condicio muoiono anche il papà e il postino. Tanto poi succede come nei cartoni animati di Will Coyote, la morte non è mica definitiva.
Ecco qui, i creativi della Saatchi & Saatchi hanno toccato un nervo scoperto, aggredito un tabù: la madre. Questo non si fa. Non nel paese in cui le madri imbiancano e i figli crescono.
Speriamo non come quella povera orfana. La quale, te lo dico a scanso di equivoci, è appositamente odiosa. E rifà il verso a tutte le mini virago degli spot che parlano come libri stampati, fanno facce strane e pretendono di assimilare davvero calcio e minerali coi cereali del mattino.
Certo, in un mondo parallelo può anche succedere che una merendina coniughi salute e gusto. Tecnicamente però è solo un’accozzaglia di grassi e zuccheri. Lo sanno anche i pubblicitari.
Per questo ci ricamano su. Lo spot in questione è geniale proprio perché prende in giro tutti gli spot di merendine.
Intanto, dalle parti del Mulino bianco…
Oggi i diretti concorrenti di Motta rispondono all’asteroide puntando sulla progenie di Antonio Banderas. E non parlo della gallina Rosita. Banderas ha affidato le chiavi del Mulino alla coppia formata dalla figlia Nicole Grimaudo e da Giorgio Pasotti. Lo spot è pieno di buoni sentimenti e molto poco realistico. In pieno stile Barilla.
Ricordi sicuramente la serie di filmati pubblicitari del Mulino Bianco con mamma maestra, padre giornalista sportivo (entrambe figure mitologiche oggi), figli bellissimi e nonno tuttofare. Era il 1990, poco prima del miracolo economico e l’unico miracolo che sono riusciti a mostrare è stato quello di far credere che fosse normale vivere in un mulino, tra anatroccoli timidi e acque limpide. Senza mutuo, senza macchina (il padre andava a lavoro in bicicletta) e senza sporco.
Il Buondì non è più sano dei dolcetti concorrenti. Per fortuna gioca su questo elemento e risulta più vero. Basterà per venderne di più?
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