Nasciamo nudi e moriamo nudi. Tutto quello che c’è in mezzo è moda. Credo di aver sentito questa frase durante la promozione del film di Robert Altman, Prêt-à-Porter, disincantato racconto del dietro le quinte delle passerelle. Sono passati 23 anni e la memoria potrebbe avermi tirato qualche brutto scherzo, ma la sostanza dell’aforisma non cambia. Potrebbero farci un quadro e attaccarlo nelle redazioni delle riviste come Vogue.
La moda oscilla tra necessità e superfluo. Da un lato bisogna coprirsi, per non morire di freddo. Dall’altro c’è quella straordinaria esigenza umana che è la creazione artistica, la ricerca della bellezza attraverso linee e colori.
Questo paradosso va saputo narrare e molte sono state le giornaliste che hanno marchiato a fuoco il mondo del fashion. Con arguzia, intelligenza. Perfino con un pizzico di “sana” prepotenza. La stessa che esibiva Miranda Priestley nel celebre monologo sul ceruleo in Il diavolo veste Prada.
Le regine della moda
Il 25,26 e 27 settembre arriva in sala il documentario di Francesco Carrozzini, Franca. Chaos and Creation. Un lavoro sentito e appassionato, che ho recensito qui, dedicato da un figlio ad una madre speciale: la direttrice di Vogue Italia, Franca Sozzani.
Approfitto allora dell’evento per parlarti delle grandi donne che hanno raccontato e raccontano ancora oggi quel grande mistero che si chiama moda.
Anna Wintour, la regina di Vogue
Se la moda è una religione, allora Anna Wintour è una specie di papa. Lo dice senza timore di essere smentita Candy Pratts Price, all’epoca Executive Fashion Director di Vogue, nel bel documentario del 2009 The September Issue. La cronaca della costruzione del numero più importante della Bibbia della Moda è anche il racconto di un personaggio controverso, per certi versi spaventoso. Una donna potente in grado di lanciare o affossare la carriera di uno stilista.
Quando le persone dicono cose degradanti sul nostro mondo, penso sia perché si sentono in qualche modo esclusi
Grace Coddington
Una cascata di capelli rossi, viso acqua sapone, stile essenziale in cui prevale il nero. Grace Coddington, direttrice creativa di Vogue America, è l’opposto della Wintour. Meno glaciale, ma non per questo meno perfezionista, la Coddington persegue una propria idea di eleganza, più connessa alla vita reale. È stata lei a trasformare i servizi fotografici in veri e propri racconti, mettendo a frutto la lezione appresa negli anni ’70 nella redazione di British Vogue.
Suzy Menkes
Quando si dice “avere stile”. Suzy Menkes è cronista di moda e attualmente International Vogue Editor. La si riconosce subito per la sua acconciatura esagerata, alla Madame Pompadour. È solo uno dei suoi tratti distintivi, assieme alla grande schiettezza e al gusto per il minimalismo. A proposito di franchezza, detesta il circo della moda e rifiuta i regali che puntualmente le vengono offerti dagli stilisti.
Irene Brin
Maria Vittoria Rossi, meglio nota come Irene Brin (soprannome suggerito da Leo Longanesi), è stata una grande giornalista di moda e costume. Fu la prima collaboratrice italiana di Harper’s Bazaar. Leggenda vuole che nel 1950 la Brin fosse stata fermata durante una passeggiata a Central Park da Diana Vreeland in persona, colpita dall’abito indossato dalla donna. Grazie alla sua capacità di incuriosire i lettori americani, divenne ambasciatrice del Made in Italy.
Anna Piaggi
L’hanno definita come la musa di Karl Lagerfeld. In sintesi, l’ispiratrice della personalità più influente nella moda di oggi. Una descrizione che è più di un riconoscimento. Scomparsa nel 2012, la Piaggi ha scritto prevalentemente per Vogue, dove curava la celebre rubrica D.P. di Anna Piaggi. A lei è stato dedicato un documentario, Anna Piaggi. Una visionaria della moda, diretto da Alina Marazzi. In Fashion Algebra ha raccontato il suo rapporto “poetico” con la moda
Il suono delle parole è importantissimo quanto il fruscio del taffetas
Diana Vreeland
Una delle pioniere della moda. Diana Vreeland è stata l’archetipo della fashion editor. Ha inventato tutto quello che oggi consideriamo naturale in un fashion magazine. Colonna portante di Harper’s Bazaar, per cui ha lavorato 26 anni, e di Vogue, Mrs. Vreeland è stata definita da Truman Capote come una delle poche grandi donne americane. Ha diretto le sue riviste senza mai fare una riunione di redazione. In fondo sapeva benissimo cosa avrebbe voluto. E ovviamente lo otteneva sempre.
Detesto il narcisismo ma approvo la vanità
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