Il nome di Serena Rees può non dirti molto. Ma se ti suggerissi il nome di Agent Provocateur la prospettiva cambia. Fondatrice nel 1994 del celebre brand di lingerie, noto per lo stile sbarazzino e ironico, la manager inglese ha deciso di dar vita a qualcosa di nuovo. La sua creatura si chiama Les Girls Les Boys. Un marchio che propone biancheria intima e abbigliamento streetwear in linea con i nostri tempi, al passo di una mentalità sempre più elastica riguardo alla sessualità.
Musa inconsapevole della Rees è stata la figlia Cora, una ventenne come tante. Almeno come possono essere le ventenni londinesi cresciute a pane e creatività in eleganti case del centro. Osservandola giorno per giorno assieme ai suoi amici, la ragazza ha fornito a sua madre una serie di elementi riutilizzati poi nella collezione di circa 100 pezzi. Risultato? Uno stile casual ma sexy, portabile e molto libero.
Les Girls Les Boys (ma il genere non c’è)
Non si tratta proprio di capi gender fluid, specifica la Rees, ovvero senza alcuna distinzione di genere, ma di proposte che si rivolgono a ragazze e ragazzi smaliziati e senza pregiudizi.
Una fetta di mercato composta da acquirenti che non si riconoscono più in vecchi modelli come lo stesso Agent Provocateur e Victoria’s Secret. Anzi, amano l’approccio informale alla moda e desiderano indossare vestiti che non ne definiscano esattamente l’identità sessuale.
Tra i cult della collezione, le mutandine extralarge in lurex e le felpe oversize. C’è qualcosa di meglio di un morbido maglione indossato su un paio di slip? sostiene la Rees.
Questa estetica unisex è dunque segno dei tempi e per Serena Rees è il sintomo di un cambiamento positivo che sta attraversando la società. Sono state soprattutto le donne a pagare il prezzo più alto per arrivare agli standard altissimi imposti da una moda ipersessualizzata. Per cambiare rotta c’è un solo metodo, secondo i guru del fashion: sfumare i confini tra femminile e maschile. E i millennials saranno di sicuro felici di raccogliere la sfida.
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