Questo non è uno di quei post in cui la blogger di turno si iscrive a Tinder per capire se, quanto e chi riesce a rimorchiare. Non ci saranno racconti lascivi sulla fauna maschile contemporanea. Non è nemmeno un post di seria analisi di fattori importanti quali protezione dei dati personali, guerra informatica, strategie geo politiche ecc… Qui c’è una donna curiosa, mediamente narcisa, che prova a indagare su uno dei più recenti fenomeni social: Sarahah.
Sarahah, parola araba che vuol dire onestà, è una app che è stata inventata nel 2016 dal saudita Zain al-Abidin Tawfiq per migliorare la produttività in ufficio. Protetti dall’anonimato, impiegati e affini affidano all’etere il giudizio sul vicino di scrivania (esistono ancora le scrivanie?) o sui direttori megagalattici nella speranza di pungolare il pigrone o di togliersi un peso dal cuore. Senza ottenere risposte.
Oltre all’anonimato infatti Sarahah fornisce un’altra protezione: la mancanza di contraddittorio con il destinatario del messaggio. In sintesi, lanci il sasso, nascondi la mano, ti passi un po’ di crema idratante e fai in tempo anche a passarti lo smalto.
I nuovi corvi e Sarahah
Inutile girarci attorno. Sarahah ha il gusto dello spionaggio, della delazione. “Hei tu, credi di essere un simpaticone ma sei un idiota derelitto“. “Direttore, le sue battute sulle donne non fanno ridere per niente. La prenderei a calci nel sedere sa?“. “Non ce l’hai mica solo tu, bella!“. “Mi fai sognare. Non cambiare mai“. “So cosa fai durante la pausa e da oggi non vivrai più tranquillo se non mi lascerai 300 euro in busta ogni settimana“. “E li chiami glutei quelli? Sembrano due budini alla vaniglia“.
Non so se hai mai visto il bel film di Henry Clouzot, Il corvo. Ti consiglio di farlo. La storia è quella di un misterioso personaggio, il corvo appunto, che invia lettere minatorie a tutti gli abitanti del suo paese, svelando segreti e nefandezze varie. Verità o pettegolezzo, quelle missive mettono a repentaglio la serenità della comunità, fino al tragico epilogo.
Sarahah potrebbe essere pericolosa come il corvo, soprattutto verso quei soggetti fragili come gli adolescenti o essere al contrario un incentivo per i timidi, un luogo virtuale per dichiarazioni d’amore? La duplice natura di questa app è ciò che la rende affascinante, ma è anche il motivo della sua pericolosità. Da un lato soddisfa il bisogno di insultare senza farsi scoprire, dall’altro ti dà coraggio. In fondo non rischi nulla né dicendo verità né dicendo bugie. Ma se togliamo il rischio dai rapporti umani, cosa resta? Poco o niente
E io?
Ho iniziato a usare la app in maniera del tutto organica, senza forzare la mano, seguendo il mio sentire. Mi sono arrivati due messaggi molto carini, scritti palesemente da chi mi conosce bene.
L’intenzione era quella di lasciare qualche messaggio a selezionate persone, ma mi sono sempre fermata a un passo dall’invio. Stavo per prendermela con un mio ex collega, per dirgli che per me era uno dei migliori elementi di un posto di lavoro di melma e che quindi non capivo che cavolo ci facesse ancora lì, in mezzo a gente di bassa lega. Non ce l’ho fatta perché non era assolutamente necessario. Non mi avrebbe fatta sentire meglio, non avrebbe aggiunto nulla alla mia vita. A che scopo insomma? Trovo molto più divertente l’insulto in prima persona. E visto che non è nella mia indole essere gratuitamente violenta, a volte l’insulto migliore è ignorare.
Se mi interessasse davvero scrivere ciò che penso di una persona a quella persona, probabilmente lo farei. Non riesco proprio a provare il brivido di una verità rivelata in incognito. E vale tanto per i rimproveri, quanto per i complimenti. Soprattutto in assenza di risposta.
Per me la mancata risposta è l’apoteosi dell’anaffettività. Mi manca lo scambio, seppur a distanza, seppur virtuale di qualcosa che mi dia la sensazione che l’altra persona abbia capito.
Nessuno è davvero se stesso su un social
La realtà vera non è quella virtuale anche se a volte tendiamo a confonderle. Su Facebook è necessario dar corpo ad un’amicizia per capire se ha senso o meno.
Non ti annoierò con la storia del “si sta perdendo la bellezza dei rapporti umani”. Secondo me si sta perdendo la sana bruttezza dei rapporti umani. Vogliamo inseguire una perfezione asettica, mentre avremmo bisogno di mandare davvero a quel paese qualcuno che ci ha fatto soffrire o si è comportato male. E ovviamente di essere mandati a quel paese.
Ho mandato chili di lettere d’amore anonime ma ad un certo punto mi sono sempre rivelata e ho sopportato stoicamente l’onta del rifiuto. Mi sono presa il rischio. Vale sempre la pena comunicare quanto si stimi un collega o criticarlo in maniera costruttiva senza nascondersi dietro a un messaggio privo di firma. Se ci pensi, è più narcisista e divertente metterci la faccia, nel bene e nel male.
E tu che rapporto hai con i social? Leggi quali sono gli utenti tipo di Facebook su questo post.
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